Che le conseguenze di quello che è successo nel mondo negli ultimi tre mesi non si sarebbero viste subito, ma con il passare del tempo, era cosa chiara a tutti. Serrande abbassate, annunci di affitto o chiusura; negozi che mai torneranno a vendere, commercianti messi in crisi dalle nuove regole, piccole botteghe destinate a fallire ma non solo. “Vittime” del coronavirus sono anche i grandi marchi, come ad esempio Zara che proprio questa mattina ha comunicato la decisione di chiudere più di 1000 punti vendita in tutto il mondo.
In tre mesi la vita di tutti è cambiata. C’è chi ha perso una persona cara a causa del virus, chi ha perso il lavoro, chi ha perso la sua azienda. E ci sono le abitudini che sono cambiate. Le cose non possono essere paragonate: un lutto non equivale certamente a un lavoro che si perde, ma anche mettere i sigilli a una attività è complicato.
Inditex, la società a cui fa capo Zara, annuncia la chiusura di 1.200 punti vendita e un’accelerazione sulle vendite online. Una decisione legata al coronavirus che ha fatto calare nel primo trimestre le vendite del 44% a 3,3 miliardi di euro facendo sprofondare la società in rosso per 409 milioni di euro, rispetto ai 736 milioni di utile dello stesso periodo dello scorso anno.
Purtroppo nonostante le vendite on line, che in questo periodo sono state l’ancora di salvezza di chi ha potuto vendere prodotti in rete, le entrate non sono sufficienti per permettersi di tenere in piedi 1200 punti vendita. E’ un modello, quello del “negozio fisico” che probabilmente sarà destinato a cambiare. Già prima del covid 19 ci si chiedeva quanto fossero necessari negozi dello stesso marchio a ripetizione sulla stessa via in grandi città, ad esempio. E oggi che la paura di entrare in un negozio è ancora tanta, sembra esserci una accelerazione verso un cambiamento che non si può fermare.
E’ vero che i negozi sono stati riaperti ma le regole da rispettare sono tante. E perchè dovremmo andare in un negozio dove bisogna indossare i guanti, stare attenti a tutto quando si può ordinare on line, provare a casa ed eventualmente fare il reso?
In Italia le vendite on line sono cresciute moltissimo nell’ultimo periodo ma di certo il nostro paese continua a essere un passo indietro rispetto al resto del mondo. La voglia di fare acquisti con un semplice click porterà anche i più pigri o le persone che hanno qualche annetto in più a evolversi comprendendo che siamo arrivati nel 2020 e tutto è a portata di un’app sul cellulare?
E se è vero che si perdono posti come quelli di commessa, addetta alle vendite è anche vero che serviranno grafici per curare i siti on line, programmatori, ingegneri, magazzinieri, responsabili delle spedizioni, personale per le spedizioni. Forse si perderanno strada facendo alcuni mestieri ma tanti altri serviranno. E’ anche il nostro modo di pensare che deve cambiare. Il mondo del lavoro cambia ma noi sembriamo non volerlo accettare. Le vendite on line non sono il male. Sono semplicemente l’evoluzione di quello che è stato.
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