La comunità medica e la città di Pisa sono in lutto per la tragica morte della psichiatra Barbara Capovani, uccisa a colpi di spranga da Gianluca Paul Seung, un ex paziente dell’ospedale psichiatrico pisano e della dottoressa in particolare. Una morte che per molti, si sarebbe potuta evitare, visto che l’assassino della Capovani, non doveva essere in libertà. Il dolore e lo strazio non cancellano quello che la dottoressa Capovani è stata. Una professionista, una donna dedita in tutto e per tutto al suo lavoro. Ma anche una madre e una compagna. Le parole di chi la ricorda, di chi la sta ricordando e la ricorderà per sempre, in queste ore, invadono i social, dove lo sdegno per quello che è successo, cresce di ora in ora.
La vicenda
La donna, 55 anni e madre di tre figli, era stata cercata dall’aggressore anche il giorno precedente l’attacco in ospedale, dove purtroppo è stata ferita gravemente. Dopo gli esami clinici conclusi alle 17:40 di domenica 23 aprile, è stata dichiarata la morte cerebrale della Capovani e sono stati donati i suoi organi. Il responsabile dell’aggressione, un 35enne di nome Gianluca Paul Seung, è stato fermato dalla polizia all’alba dello stesso giorno. Seung, che ha origini italiane e cinesi ed era già noto alle forze dell’ordine per episodi di violenza, aveva anche pestato un medico di Viareggio in passato. Al momento dell’arresto, Seung era libero ma aveva diversi processi in corso e vari fogli di via da diverse località.
Chi è lo sciamano assassino
Secondo le indagini, Seung era noto per le sue teorie complottistiche e la sua ossessione per la difesa degli utenti psichiatrici. L’uomo aveva accusato anche il presidente del consiglio Mario Draghi e collegato la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris al latitante Matteo Messina Denaro. Inoltre, sosteneva che la regina Elisabetta gestisse un traffico di armi. Seung era stato in cura dalla dottoressa Capovani nel 2019 a Pisa, ma quando aveva interrotto le cure, l’aveva inserita nel novero dei nemici e l’aveva più volte attaccata sui social media. Sempre sui social, l’uomo attaccava la magistratura.
La morte della dottoressa Capovani ha scosso profondamente la comunità medica e la città di Pisa, che hanno espresso il loro cordoglio e la loro solidarietà alla famiglia della vittima. L’episodio ha riacceso il dibattito sulla sicurezza degli operatori sanitari e sulla necessità di un maggiore supporto per coloro che lavorano nel campo della salute mentale.
Nel ricordo di Barbara
Michele Bellandi scrive, il primo maggio, una dedica profonda alla compagna ricordata il giorno precedente nell’Aula Magna dell’Università di Pisa.
La lunga lettera di addio del compagno
Inizia con queste parole la lettera che sta commuovendo l’Italia intera: “Amore mio non so neanche da dove iniziare, come fare a dire delle cose che possano renderti giustizia, che possano far, se non capire, almeno intuire chi era Barbara. La poliedricita’ della tua personalita’, le sue infinite sfaccettature e allo stesso tempo la tua gentile semplicita’ che ti rendeva accessibile ed aperta a tutti, senza eccezioni“. E ancora: “Eri cosi piccina, con quel tuo corpicino esile ma anche forte e scattante: un moto perpetuo, quasi impossibile da fermare, tanto che in famiglia ti avevamo soprannominata Kangurina ( con la K). Bloccarti era compito arduo, farti stare ferma un’impresa monumentale. Per riuscire a vedere un film insieme davanti alla tv ci potevamo mettere anche 2 weekend interi“.
Tutto l’amore di Michele nella sua lettera per la dottoressa: “Piccina e’ vero ma in realta’ un vero gigante: entravi in punta di piedi nella vita degli altri e gliela cambiavi per sempre, come per magia, in un istante: la tua curiosita’, la tua’ intelligenza. Il tuo coraggio ed il tuo intuito, la tua voglia di aiutare ti rendevano in grado di capire le situazioni e trovare soluzioni sempre e per tutti. Cosi in un attimo diventavi un punto di riferimento, e quelle persone che fino a poco prima non ti conoscevano, improvvisamente non potevamo piu’ fare a meno di te. E’ buffo, per tanti anni hai lavorato al dipartimento delle dipendenze: ma nessuna droga ne dava di piu’ della tua presenza. Persino per i tuoi amati cani, sempre ipnotizzati dal tuo sguardo profondo e penetrante. Ed i vari addestratori che amavi contattare per capire ogni singolo aspetto dei tuoi miglior amici, erano tutti allibiti: nessuno aveva mai visto una relazione cosi stretta ed una dipendenza cosi totale nei loro decenni di esperienza“.
Barbara Capovani e la sua dedizione per il lavoro, il compagno la ricorda con queste parole: “La tua dedizione al lavoro poi era totale. Non facevi il medico, eri nata medico : a 6 anni avevi deciso che avresti fatto la psichiatra e cosi e’ stato. La tua era una missione in cui hai sempre dato tutta te stessa. Non ti interessava la gloria personale, i soldi, rifuggivi l’apparire sui giornali. Eri pura sostanza, eri il fare verso l’apparire, avevi mille idee e una capacita’ di risolvere i problemi ineguagliabile. Cio’ che ti guidava, come mi dicevi spesso, era “fare la cosa giusta, se cerchi di fare la cosa giusta tutto diventa piu’ semplice”. Certo eri anche testarda e di una determinazione incrollabile ma soprattutto coraggiosa. Nessuna minaccia, nessuna offesa, ti scalfiva. Tutti quelli che, non di rado, provavano a metterti i bastoni tra le ruote, partivano sconfitti in partenza. I loro interessi individuali, spesso egoistici o comunque di parrocchia, si scontravano, non solo con la tua ferrea determinazione ma soprattutto con il tuo volere un qualcosa di superiore: tu non agivi mai per interesse personale ma solo con l’idea e la preoccupazione di far star bene I tuoi pazienti, proteggere I tuoi colleghi, appunto con l’idea di “fare la cosa giusta”. Per questo eri imbattibile.“
E ancora: “Mi dicevi sempre che due cose ti avevano cambiato la vita: la filosofia e la statistica.
Aodravi gli epicurei e cercavi sempre di semplificare le cose – come solo le grandi menti sanno fare- perche’ l’obiettivo principale dicevi “e’ semplicemente quello di stare bene”.“
La lettera continua così: “La statistica la usavi per analizzare in modo razionale tutti i problemi: da quelli medici – il Pub-Med era la tua Bibbia – ma anche per superare le paure irrazionali come quella del volare, per farti guidare semplicemente dal calcolo delle probabilita’, da vera donna di scienza. In quanto tale poi, riuscivi sempre a relativizzare, a vedere le cose dall’alto, parlavi spesso dell’insignificativita’ dell’uomo, di quanto fossimo “irrilevanti” rispetto all’Universo, per non dire dei paralleli tra il cervello e le stelle che ti piaceva fare mentre saltellando da un lato all’altro della citta’ con la tua inseparabile bici, lasciavi mille messaggi vocali a pazienti, colleghi, amici, magistrati e fisici passando da cose infinitamente piccole ad altre infinitamente grandi come solo la tua mente elastica e superiore era in grado di fare.“
E poi: “Ma soprattutto eri la nostra stella cometa, eri la luce della famiglia, dedicavi tempo a ciascuno, individualmente e poi tutti insieme, eri il centro delle nostre chiacchierate, con le tue affermazioni non di rado provocatorie. Spesso criticata , poche volte “riconosciuta” – almeno non in quel contesto- per tutto cio’ che facevi per noi, come tutti i grandi leader. Ci dicevamo spesso che da soli saremmo stati due “disgraziati” ma che insieme eravamo invincibili. Spero di trovare la forza per continuare ad esserlo anche senza di te al mio fianco, soprattutto per prendermi cura di ciò che era la tua preoccupazione piu’ grande: “I tuoi bambini”.“
E poi la conclusione: “Grazie per avermi accettato incondizionatamente, cosi come sono, ben conscia di tutti i miei difetti; grazie per tutto quello che mi hai insegnato e per aver lasciato a me e a tutti noi un esempio indelebile. Amore mio tu sarai qui, con noi, per sempre.“.