In queste settimane ci si chiede sempre più spesso quale sia il limite dell’informazione, come fare informazione. E’ vero che non si possono paragonare i metodi, forse, e che le conseguenze sono diverse, ma forse, prima di puntare il dito contro qualcuno, bisognerebbe riflettere. Avrebbero dovuto farlo Le Iene, prima di rendere nota l’identità dell’uomo che aveva chattato per un anno con Daniele, il ragazzo di 24 anni che si è tolto la vita, avrebbe dovuto farlo anche Selvaggia Lucarelli, quando ha iniziato a parlare di Carlotta Rossignoli. Le inchieste si devono fare, ma si deve tenere in considerazione anche quello che è il pessimo approccio dei lettori. Quando un caso diventa virale, sui social, si inizia a scrivere di tutto. Oggi Carlotta Rossignoli è una vittima dello stesso sistema che la osannava. Perchè dopo l’inchiesta di Selvaggia Lucarelli, la studentessa dei record, è stata costretta a cancellarsi da instagram. Non possiamo paragonare minimamente un suicidio al bullismo che porta una ragazza a decidere di staccare dai social, fino a quando il suo posto sarà preso dalla prossima “preda di turno”. Ma possiamo far notare che lo strumento web va maneggiato con cura. Perchè se è vero che un giornalista fa la sua inchiesta, che una giornalista vuole scoprire la verità è altrettanto vero che quegli articoli finiranno in un dibattito sui social che sfuggirà a tutti di mano, e darà vita a un cortocircuito per il oggi Carlotta, domani Maria, finiranno in un infinito tritacarne. Alla Lucarelli interessa capire come si sia laureata, le tempistiche, quello che ha fatto. A chi ricondivide gli articoli, segue i trend sui social, interessa solo offendere, affossare, deridere, bullizzare. Ed è quello che è successo con Carlotta Rossignoli. Perchè invece che prendersela con chi, semmai, ha permesso di fare un illecito ( che non risulta in nessun modo essere tale) tutti i sono scagliati con la vittima di turno, Carlotta appunto. Insultata, umiliata, offesa. Potrà andare avanti certo, questa sarà solo una pagina triste della sua vita, volterà pagina, ma resterà sempre una macchia. E qualcuno dirà: si è messa da sola in questa situazione. Nessuno spera di essere travolto da uno tsunami. E nessun giornalista è chiaro, iniziando una inchiesta, vorrebbe mai vedere il frutto del suo lavoro, banalizzato a insulti e minacce. E’ altrettanto vero.
Il mondo in cui viviamo purtroppo però, è questo. Fatto di gente che insulta e offende usando quasi sempre un nick name, una foto falsa, un profilo fasullo. Gente che non sa neppure scrivere in lingua italiana ma si erge a giudice. Non tutti hanno lo strumento per gestire queste situazioni. Ed è per questo che prima di iniziare una crociata, bisognerebbe pensarci più volte. Nel bene e nel male. Questione di metodo, questione di stile, questione di ignoranza. Dimenticare con chi abbiamo a che fare resta comunque grave. Perchè le conseguenze potrebbero essere quelle che non ci aspettiamo e cambiare per sempre la vita di qualcuno.
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