Meno del 2 % di share per l’ultima puntata di Avanti popolo in onda su Rai 3. Ma per Nunzia De Girolamo, la questione ascolti decisamente flop per il suo nuovo programma, che non fa neppure la metà dei numeri di Carta Bianca, potrebbe essere la meno importante. In un recente episodio di tensione tra l’etica giornalistica e la sensibilità pubblica, Nunzia De Girolamo, conduttrice della trasmissione “Avanti Popolo”, si è trovata al centro di un acceso dibattito dopo aver ospitato in studio la giovane sopravvissuta al noto caso di stupro avvenuto a Palermo. La presenza della ragazza durante la puntata del 31 ottobre, e soprattutto il modo in cui il tema è stato trattato, ha sollevato un vespaio di critiche.
Non era la prima volta che in un programma televisivo si parlava del caso, va detto. E non era neppure la prima volta che la ragazza decideva di raccontare la sua storia. Lo aveva fatto in diversi audio mandati a noti programmi Mediaset ( ricordiamo uno dei primi Pomeriggio 5 ma anche Fuori dal coro). Questa volta però, a indignare, è il modo in cui la De Girolamo ha trattato la vicenda.
Una lettera aperta, sostenuta da quasi trecento firme di attiviste, giornaliste e intellettuali, è stata inviata alla presidente della Rai, Marinella Soldi, e ad altri membri del consiglio di amministrazione, denunciando quello che è stato percepito come una spettacolarizzazione della tragedia personale della vittima. La critica centrale riguarda la rievocazione degli eventi traumatici della ragazza e la lettura in diretta dei messaggi scambiati tra gli aggressori dopo il fatto, percepite come atti di vittimizzazione secondaria.
La De Girolamo, ha mostrato in prima persona del disagio nel leggere i dettagli crudi dello scambio di messaggi ma questo non ha cambiato il pensiero di chi ha trovato tutto molto grave. Non si doveva fare, dicono le attiviste e le femministe che chiedono un intervento deciso in questa vicenda. Un intervento che possa essere di esempio anche per altri casi. La spettacolarizzazione del dolore, in questo caso, di uno stupro, non può arrivare in prima serata, nelle case degli italiani, con tale leggerezza.
Allo stesso modo, è stata messa in discussione la decisione di includere interviste con cittadini di Palermo che, seppur anonimamente, hanno espresso opinioni che incolpano la vittima. La ragazza, la sola vittima di questa storia, per l’ennesima volta si è sentita dire che forse, era anche un po’ colpa sua. Quel famoso “se l’è cercata” che mai nessuna donna dovrebbe ascoltare dopo una violenza.
La lettera di protesta, che include le firme di figure pubbliche come le scrittrici Teresa Ciabatti e Stefania Auci, l’attrice Valentina Melis e la senatrice Ilaria Cucchi, mette in luce un conflitto tra la libertà di stampa e la responsabilità sociale dei media. Si sollecita un’indagine approfondita da parte degli organi competenti, evidenziando la necessità di un’etica più rigorosa nel trattamento delle vittime di violenza nei programmi televisivi.
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