Sono molti i casi in cui il donatore si pente del regalo fatto; ma si può realmente revocare? Cosa dice la legge.
La vita può metterci di fronte a diverse sfide, specialmente quando di mezzo ci sono patrimoni o ricchezze familiari. Da qui subentrano le donazioni, un atto che è considerato un contratto con cui una persona (donante) arricchisce l’altra (donatario) per spirito di generosità (art. 769 cod. civ.).
Questo avviene mediante un iter ben preciso e se di mezzo c’è un immobile, è necessario l’atto notarile in presenza di due testimoni, per ritenersi valido.
Donare un bene, per esempio ad un figlio, è un gesto che nasce dal cuore, con l’intenzione di offrire un futuro migliore. Ma cosa succede se, dopo questo dono, il comportamento del figlio diventa ingrato, irrispettoso e lesivo nei nostri confronti? È possibile annullare la donazione? La risposta, come vedremo, è sì, ma ci sono delle condizioni precise che devono essere soddisfatte per poter richiedere la revoca del regalo.
Quando si può revocare una donazione
La donazione, in base al Codice civile, è un contratto unilaterale con cui una persona (il donante) trasferisce gratuitamente la proprietà di un bene a un’altra persona (il donatario), come un atto di generosità. Ma, come vedremo, non sempre il donante è vincolato a mantenere la donazione in eterno.
Di base, la donazione è irrevocabile, ma la legge prevede delle eccezioni. Un padre, ad esempio, può riprendersi la casa regalata al figlio, ma solo in alcuni casi specifici:
- ingratitudine del donatario: se il figlio si comporta in maniera gravemente irrispettosa nei confronti del genitore.
Rifiuto di versare alimenti al genitore: se il figlio, pur potendolo fare, non fornisce un aiuto economico al genitore in difficoltà. - danno economico arrecato dal donatario: se il figlio danneggia intenzionalmente il patrimonio del donante.
- sopravvenienza di un altro figlio: nel caso in cui un genitore abbia successivamente un altro figlio, la donazione fatta al primogenito potrebbe essere rivista per garantire equità tra fratelli.
Nel caso di comportamento errato, non basta una discussione o un’atteggiamento scortese per definirsi ingratitudine: deve trattarsi di offese gravi che ledono profondamente la dignità del donante, come un omicidio o tentato omicidio contro il donante o il suo coniuge; un’accusa calunniosa nei confronti del donante, o un’inguria grave che danneggi l’onore o il decoro del donante.
In questi casi, il donante ha un anno di tempo per chiedere la revoca, a partire dal momento in cui viene a conoscenza dell’atto di ingratitudine. Per farlo, deve avviare un’azione legale contro il figlio e dimostrare la sua ingratitudine. Questo può avvenire tramite testimonianze, documenti o altre prove legali. La revoca avviene solo con una sentenza del tribunale, che accerta la condotta del figlio.
Se il tribunale accoglie la richiesta, la donazione viene annullata e il donatario deve restituire il bene. E se fosse stato venduto, ad essere restituito dovra essere il valore dell’immobile o del bene in questione.