Purtroppo la piccola Indi Gregory non c’è più. La storia della piccola, una bambina di soli 8 mesi, si conclude come mai nessuno avrebbe voluto. La piccola è deceduta nella notte tra domenica e lunedì. Dean Gregory, suo padre, ha confermato la notizia, delineando un quadro desolante di una battaglia legale prolungata e di un destino crudele. Lui e sua moglie hanno lottato fino all’ultimo per poter portare la piccola in Italia senza però ottenere il permesso dal governo britannico e alla fine, i macchinari ai quali la bimba era stata attaccata per restare in vita, sono stati spenti.
Indi, affetta da una grave patologia mitocondriale, aveva recentemente ricevuto la cittadinanza italiana, in un gesto di solidarietà del governo Meloni, per consentirle cure specialistiche all’ospedale Bambin Gesù di Roma. Questa decisione era stata presa il 6 novembre, ma purtroppo è arrivata troppo tardi per salvare la piccola.
La famiglia Gregory aveva lottato con tutte le loro forze contro la decisione dei tribunali del Regno Unito, che venerdì avevano ordinato la sospensione dei trattamenti vitali per Indi, trasferendola in un hospice. Dean Gregory ha espresso il suo dolore e la sua rabbia per questa decisione: “Mia figlia è morta, la mia vita è finita all’1.45”. Ha inoltre criticato aspramente il servizio sanitario nazionale e i tribunali per aver negato a Indi non solo la possibilità di vivere, ma anche quella di morire con dignità nella sua casa.
La conferma del decesso di Indi è giunta anche dagli avvocati Simone Pillon e Iacopo Coghe di Pro Vita, parte del team legale della famiglia. In una dichiarazione, il movimento Pro Vita & Famiglia ha espresso il proprio sdegno per le circostanze della morte di Indi, descrivendo le azioni del sistema sanitario e legale come influenzate da una “barbara cultura eutanasica”.
Questo evento sottolinea i complessi dilemmi morali e legali legati alle decisioni di fine vita e solleva interrogativi sulla dignità e l’autonomia dei pazienti più vulnerabili. La perdita di Indi Gregory non è solo una tragedia personale per la sua famiglia, ma un momento di riflessione per le società . Purtroppo però nel Regno Unito esiste un protocollo, il medesimo che è stato usato anche per altri casi. Poco si può fare a quanto pare, di fronte a una legge così severa.
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