Sky TG 24 ha intervistato Fatoumata Seydi. Lei è una giovane donna di Kolda nonché una cittadina nel Senegal del Sud, che si trova a poca distanza dal confine con la Guinea Bissau, ovvero una delle zone dove si utilizza ancora oggi la pratica delle mutilazioni genitali femminili. Fatoumata doveva continuare la tradizione di famiglia: quella di infibulare le bambine e le giovani ragazze facenti parte del suo villaggio o dei villaggi vicini al suo. Ed infatti le è stato tramandato lo strumento necessario per farlo, cioè il coltello. Quando però ha visto questo strumento, Fatoumata ha cambiato subito idea.
“Quando ho visto il coltello da utilizzare per praticare l’infibulazione, coltello che ho ereditato da mia nonna perché mia madre è morta giovane, l’ho praticata una sola volta e ho capito perché tante persone dicono che non è una cosa buona da fare. Ci sono delle conseguenze molto pericolose, nefaste. Ho deciso di abbandonare per sempre” ha così raccontato la donna.
Le donne del Senegal che dicono no: il racconto di Fatoumata
Fatoumata Seydi ha poi dovuto comunicare la sua decisione alla famiglia. Perché aveva capito tutti i rischi che derivavano: “Ho spiegato alla mia famiglia che non era una pratica buona da fare, gli ho mostrato le conseguenze, i rischi di malattie e i pericoli che corrono le giovani che subiscono l’operazione. Hanno capito” ha detto. Il coltello è ancora di Fatoumata perché la famiglia ha chiesto di tenerlo e conservarlo. Ma un coltello che non sarà mai più utilizzato perché i coltelli come quello di Fatoumata sono stati usati per tornare le donne in Senegal.
In realtà, è già a partire dal 1999 che esiste una legge vieta la pratica di cui abbiamo parlato nel Senegal. Ci sono anche delle continue oltre che innumerevoli campagne di sensibilizzazione. Eppure nonostante tutto ciò, questo fenomeno è ancora diffuso a macchia d’olio, soprattutto nei villaggi perché sono delle aree dimenticate e rurali.