Dieci giorni alla fine del 2023, un anno che ancora una volta, è stato caratterizzato da decine e decine di casi di violenza sulle donne. Un anno che si chiuderà con 111 donne uccise, un anno che si chiuderà con una scelta ben precisa, per l’Espresso, quello di eleggere Elena Cecchettin persona dell’anno. La sorella di Giulia è il volto de L’espresso. Nell’editoriale di questa settimana, si spiega il motivo per il quale è stata fatta questa scelta. La sorella di Giulia Cecchettin è stata faro per migliaia di ragazze che dalle sue parole hanno compreso quanto spesso, segnali che possono sembrare giustificabili o banali, siano invece la spia di allarme che deve mettere in guardia ogni donna.
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Nell’editoriale, che potrete leggere in versione completa sul sito si legge:
L’Espresso ha scelto Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, come persona del 2023. Perché le sue parole sul patriarcato e la cultura dello stupro di fronte a centodieci vittime di femminicidio sono una lucida diagnosi. Perché è esattamente ciò di cui parla a fare sì che ogni donna uccisa, stuprata, molestata venga considerata una vittima casuale. Assassinata, violentata, ingiuriata per effetto di una tragica coincidenza di circostanze fortuite che generano il mostro di turno. E non invece grano di un rosario di crimini che hanno radice, essenza, tratti e fisionomia comuni. Dentro e fuori le case, al lavoro e per strada. In tutti i luoghi in cui il genere è vissuto come una sorta di discrimine razziale, integrato nella cultura dominante che autorizza il mortificante divario che una pur sacrosanta campagna sul linguaggio scalfisce ma non demolisce.
E ancora:
Con pacifica determinazione, Elena Cecchettin ce lo ha detto. E nel momento in cui ha impresso al proprio dolore lo stigma di una responsabilità collettiva, nel teatrino della rappresentanza è diventata immediatamente divisiva. E non solo per una questione di cliché non rispettati. La sozzura venuta fuori dal putrido retrobottega della politica e la danza dei saltimbanchi da talk show non aveva come fine ultimo quello di dettare un canone estetico, se non etico, al lutto. Puntava invece a ristabilire l’ordinaria regola della prevaricazione eletta a legge.
Potete leggere qui l’articolo integrale de L’espresso.
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