Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine ha esaminato l’utilità della radioterapia nelle donne ultra 65enni con cancro al seno in fase iniziale. Nonostante le sedute di radioterapia siano comunemente utilizzate nella cura del cancro al seno per ridurre il rischio di recidive locali e di metastasi a distanza, gli specialisti considerano anche i possibili effetti collaterali, come il dolore e il gonfiore al braccio, specialmente nelle donne anziane con una neoplasia poco aggressiva.
Il team di ricercatori britannici ha coinvolto oltre 1.300 donne ultra 65enni operate per un cancro al seno in fase iniziale per valutare l’impatto della radioterapia sulla loro sopravvivenza. I risultati dello studio hanno mostrato che non fare la radioterapia non ha ridotto significativamente le loro prospettive di sopravvivenza, suggerendo che nelle donne anziane con una neoplasia poco aggressiva diagnosticata in stadio iniziale, la radioterapia potrebbe non essere necessaria.
Tuttavia, è importante sottolineare che la decisione di non sottoporsi alla radioterapia deve essere valutata caso per caso e discussa con uno specialista. La radioterapia rimane un’importante opzione terapeutica nella cura del cancro al seno, e le decisioni sulla terapia devono essere prese in base alle specifiche circostanze e caratteristiche del paziente.
Una nuova sperimentazione di fase tre ha messo sotto la lente di ingrandimento l’utilità della radioterapia nella cura del cancro al seno. Il trial ha coinvolto 1.326 pazienti affette da un carcinoma mammario ormono-responsivo e con i linfonodi negativi ai primi stadi, di età superiore a 65 anni e di dimensioni inferiori ai tre centimetri. Le partecipanti sono state divise in due gruppi: 658 hanno ricevuto, oltre alla terapia ormonale, la radioterapia standard dopo l’intervento chirurgico conservativo, mentre 688 non hanno fatto la radioterapia.
I ricercatori hanno monitorato le pazienti per una media di 10 anni, e i risultati del trial sono stati sorprendenti. L’evitare la radioterapia non ha avuto alcun impatto sulla sopravvivenza delle pazienti o sul rischio di metastasi a distanza, tuttavia ha aumentato significativamente le probabilità di una ricaduta locale, ovvero nell’area dove il tumore era stato asportato, richiedendo una seconda operazione.
Cinzia Iotti, presidente dell’Associazione nazionale di radioterapia e oncologia clinica (Airo), ha commentato i risultati dello studio, affermando che “la non irradiazione incide pesantemente sul rischio di ricaduta locale che aumenta di circa dieci volte. Non è una questione secondaria. Innanzitutto per le pazienti stesse, che spesso vivono molto male la ricomparsa della malattia e la necessità di un altro intervento. E poi perché la ricaduta impone altre terapie (anche farmaci, oltre al bisturi), con relativa tossicità indotta e un peggioramento della qualità di vita. Con il rischio aggiuntivo di non poter più ricevere le terapie ottimali”.
In sintesi, la sperimentazione ha dimostrato che la radioterapia rimane un’opzione terapeutica fondamentale nella cura del cancro al seno e la decisione di non sottoporsi alla radioterapia deve essere valutata caso per caso e discussa con uno specialista. La prevenzione della ricaduta locale, infatti, è di fondamentale importanza nella cura del cancro al seno, poiché la ricomparsa della malattia può avere ripercussioni significative sulla qualità della vita delle pazienti e sulla scelta delle terapie.
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