Tra i film più visti in queste settimane nel catalogo di Netflix, c’è The Good Nurse, tratto da una storia vera. E che storia drammatica e scioccante, quella che viene raccontata in circa due ore di narrazione. E’ una storia sconvolgente, una tematica di cui abbiamo sentito spesso parlare anche nel nostro paese. Gli infermieri killer che agiscono di nascosto negli ospedali, mietendo vittime in corsia. Nel caso di The Good Nurse però, non si parla solo di questo aspetto ma anche del grande coraggio di Amy Loughren, l’infermiera che si rese conto di quello che stava accadendo e decise di denunciare il suo amico e collega Charles Cullen. Una scelta coraggiosissima quella di Amy, che è andata contro il sistema, aiutata dalla polizia. Da sedici anni Cullen infatti, passava da un ospedale all’altro ì, continuando a uccidere i suoi pazienti, senza che nessuno lo denunciasse realmente. Lo si allontanava con qualsiasi scusa oppure l’infermiere se ne andava quando capiva che c’erano delle indagini in corso. I fascicoli con il suo nome erano secretati e per quasi 20 anni, i parenti dei pazienti morti in modo misterioso in ospedale, non hanno saputo la verità. Grazie al coraggio di A,my, mamma lavoratrice e single, Charles Cullen è stato arrestato. E’ ancora oggi in carcere dove dovrà scontare oltre 10 ergastoli. Ha confessato l’infermiere killer, ha fatto dei nomi, anche grazie all’aiuto di Amy entrata con lui in empatia. Ma, secondo le indagini portate avanti dalla polizia che hanno ripercorso i 16 anni di carriera di Cullen, le sue vittime potrebbero essere più di 400.
Numeri che lasciano senza parole. Ed è stata Amy a scoprire come faceva Charles a non essere scoperto. Bucava le flebo iniettando dentro quasi sempre insulina. Essendo trasparente, nessuno la vedeva e lui aveva un doppio vantaggio: spesso i pazienti morivano quando lui neppure era di turno, non restavano prove per capire che cosa stesse succedendo. Ma Amy, mettendo insieme tutti i tasselli, ha scoperto che il suo amico Cullen, un uomo che lei aveva portato a casa, che giocava con le sue bambine, era in realtà un killer spietato.
Cosa c’è di vero nel film su Amy
Amy Loughren – interpretata da Jessica Chastain, che le somiglia in modo straordinario – è davvero un’infermiera che ha lavorato al Somerset Hospital nel New Jersey, negli Stati Uniti. Amy ha due figlie, esattamente come raccontato nel film. E anche nella vita reale, Amy ha sofferto di cardiomiopatia, una forma di malattia cardiaca che, sul posto di lavoro, le ha causato episodi di respiro affannoso. E come viene rivelato nel finale del film, nei titoli di coda, Amy era ed è ancora oggi, una bravissima infermiera.
Amy e Cullen erano davvero molto amici prima che l’uomo fosse arrestato. E come ha raccontato la donna in diverse interviste, nella vita reale lei e Charles si sono scambiati diverse lettere. Non solo, Loughren ha fatto più volte visita a Cullen in prigione.
Amy in una intervista per Glamour ha raccontato di questo capitolo complicato della sua vita. Quando le è stato chiesto se avesse mai sospettato di Cullen, prima delle indagini della polizia ha spiegato: “No, pensavo che forse avesse un po’ di depressione. Ci siamo legati al fatto che entrambi avevamo l’oscurità dentro di noi: la mia oscurità era diversa dalla sua. Il mio è andato in una direzione di ricerca della luce e il suo è andato in un’ossessione per l’oscurità. Non ho visto alcuna oscurità esteriore finché non ho incontrato l’assassino. Quando ho capito che era un assassino, ho provato tante emozioni. Quando ho letto le prove per la prima volta e non c’era dubbio che c’era qualcosa di sinistro, ho avuto un momento che vedi nei film in cui è andata la mia visione. Non ricordo nemmeno di essere tornato a casa quel giorno. Era come se tutto si fosse spento, mi fossi completamente dissociato dalla realtà perché non potevo elaborarla. È stata un’emozione così intensa che non riuscivo nemmeno a coglierla”.
Nel film di Netflix, non trapela però fino in fondo, quello che Amy ha vissuto in quei giorni drammatici, quando si è resa conto che l’uomo che forse amava, era un assassino. Spiegando come tutto questo ha cambiato la sua vita, ha raccontato: “Dopo tutto quello che è successo con Charles, ho intrapreso un’intensa ricerca spirituale perché volevo credere che fosse un assassino della misericordia e volevo capire perché amavo qualcuno così oscuro. Ho trovato quella risposta e, il fatto è che vedo la luce nelle persone. Posso guardare oltre l’oscurità di qualcuno e vedere la luce. Non significa che non li ritenga responsabili, significa che ho un dono piuttosto che una maledizione. Il viaggio verso la pace è un viaggio quotidiano. La pace può essere una scelta e sono grato per l’esperienza perché non avrei mai imparato così tanto su me stesso senza Charles Cullen. Sono grato per quello che ho avuto in quell’amicizia perché mi ha salvato la vita. Sono ancora qui con le mie figlie grazie a lui. C’era un intervento divino coinvolto”.