Una sessione di allenamento può rallentare il cancro: lo studio

Lo studio arriva direttamente dagli scienziati della Edith Cowan University, in Australia. Che cosa hanno scoperto? Che una sola e singola sessione di esercizio fisico, di allenamento, potrebbe rallentare la crescita di alcuni tipo di cancro. Una scoperta sensazionale anche se al momento è una di quelle notizie da prendere con le pinze visto e considerato che si tratta di un piccolo studio. Sicuramente è qualcosa di molto importante da cui poter partire, tanto per cominciare. Pare che grazie ad uno speciale tipo di proteine che viene stimolato, con l’esercizio arriva di conseguenza capacità di combattere attivamente le cellule del cancro. 

Una sola sessione di esercizio fisico può rallentare i tumori: che cosa sappiamo

I ricercatori australiani hanno preso in esame nove persone, tutte di sesso maschile e tutte con un tumore alla prostata in stadio avanzato. A questo punto hanno prelevato dei campioni di sangue sia prima che subito dopo l’allenamento degli uomini in questione. I pazienti si erano sottoposti a 34 minuti di esercizio ad alta intensità su una cyclette. Hanno poi preso un terzo campione che è stato prelevato 30 minuti dopo lo stesso identico allenamento. Proprio così, dalle analisi dei risultati che sono venuti fuori, è stato rilevato che sono presenti dei livelli più elevati di miochine subito dopo l’attività fisica di queste persone affette da tumore. Cosa significa? Semplicemente che queste proteine rilasciate dai muscoli che aiutano nella comunicazione con altri organi, quindi rallenterebbero il tumore. Si tratta di un risultato che sta portando entusiasmo non solo nel mondo scientifico.

Gli stessi scienziati devono ancora capire quale possa essere la quantità precisa di esercizio necessaria per attivare le miochine. Si pensa ad un allenamento di circa 20 minuti al giorno. Ma hanno voluto specificare che lo studio, e di conseguenza l’esercizio fisico, non combatte il cancro e non funziona come cura. Semplicemente potrebbe prolungare la vita dei pazienti che lo combattono.

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